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lunedì 23 giugno 2025

Il silenzio che ci rende complici

Viviamo in un tempo in cui si confonde il silenzio con la saggezza, la discrezione con la prudenza, il mutismo con la neutralità. Ma non illudiamoci: chi tace di fronte all’ingiustizia non è neutrale, è complice. Chi non prende posizione, chi non scrive, chi non si espone, si condanna a diventare pietra inanimata e inutile, innocua per il potere. Un oggetto inerte che non fa paura, che non intralcia, che può essere ignorato o calpestato senza alcun problema.


Non serve tappare la bocca a chi non parla. È già spento, domato, assuefatto. Il potere – quello vero, arrogante, meschino – non teme chi urla. Teme chi pensa. Teme chi scrive. Teme chi osa dire “no”. Perché chi parla costringe gli altri ad ascoltare. Chi si esprime, smuove coscienze. Chi grida la verità, anche da solo, rompe l’incantesimo dell’obbedienza cieca. E allora, diciamolo chiaramente: il silenzio non è una virtù. È una colpa, quando serve solo a proteggere se stessi. È viltà, quando lascia che siano gli altri a esporsi. È resa, quando ci si convince che nulla può cambiare. Parlate, scrivete, esprimetevi. Non diventate pietre. Le statue non cambiano il mondo. Gli uomini sì.

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