L’Europa di oggi è una società esausta, adagiata nella sicurezza apparente del benessere materiale e dei diritti acquisiti. Ha trasformato i comfort in anestetici morali e la pace in un alibi per l’inazione. Dopo decenni di crescita e progresso, è diventata passiva, timorosa, incapace di difendere ciò che un tempo aveva conquistato a caro prezzo: la libertà autentica dell’individuo.
La libertà vera, quella che si assume il rischio della responsabilità, del dissenso, dell’identità personale e collettiva, è stata progressivamente sostituita da una forma di democrazia amministrata, astratta, ridotta a procedura, incapace di generare virtù civiche. La democrazia, svuotata della sua anima, è diventata fine a sé stessa: non più mezzo per la libertà, ma idolo autoreferenziale.
Questa Europa confonde la pace con la viltà, la neutralità con la giustizia, l’equilibrio con la rinuncia. Si proclama “comunità di valori” ma non è più disposta a combattere per quei valori. È diventata pavida: preferisce evitare lo scontro, qualsiasi esso sia, pur di conservare la propria fragile e confortevole stabilità. E nel farlo si è resa imbelle, cioè priva non solo di mezzi, ma soprattutto di volontà di difesa.
Di fronte alla minaccia crescente di nuovi totalitarismi – che non si presentano più in uniforme, ma si insinuano nei mercati, nei media, nei codici culturali – l’Europa resta paralizzata, prigioniera di un egoismo postmoderno: teme la guerra non per ciò che rappresenta in sé, ma perché disturberebbe la sua quotidianità narcotizzata. Il rischio non è la guerra: il rischio è che, per evitarla a ogni costo, si finisca per perdere ciò che essa talvolta difende – la libertà, la dignità, la verità.
Abbiamo paura non perché siamo saggi, ma perché siamo stanchi, e la stanchezza ha ucciso il coraggio. Abbiamo smarrito l’ethos tragico della storia: non siamo più capaci di accettare che certe conquiste richiedano sacrificio, dolore, lotta. Ci accontentiamo di “funzionare”, di consumare, di commentare indignati sui social, ma non siamo più disposti ad agire. L’Europa è vecchia, non solo demograficamente, ma spiritualmente.
Eppure, la storia non perdona l’inerzia. Nessuna civiltà può sopravvivere se non è disposta a difendere sé stessa, a rinnovare le proprie radici, a mettere in discussione i propri automatismi. Se l’Europa non ritroverà una volontà politica e culturale forte, capace di ripensare i fondamenti della libertà in chiave attiva e coraggiosa, finirà per essere non invasa, ma semplicemente sostituita, non da un nemico esterno, ma da se stessa. O meglio: da quel vuoto di sé che ha lasciato crescere dentro, senza più alcun desiderio di riempirlo.
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