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martedì 24 giugno 2025

Il cellulare, la crisi e il senso del dovere: un campanello d’allarme per il futuro


Un episodio recente accaduto durante l’arruolamento di nuovi allievi carabinieri solleva interrogativi inquietanti sul presente e, ancor più, sul futuro della nostra società. Un numero significativo di giovani, dopo appena una settimana di corso, è stato allontanato: la causa non era l’inadeguatezza fisica né intellettuale, ma una crisi psicologica generata dalla privazione del telefono cellulare. Una semplice misura disciplinare – del tutto prevedibile in un contesto militare – si è rivelata insostenibile per molti.

Questo fatto non è solo curioso o imbarazzante. È sintomatico di una fragilità profonda, culturale e identitaria. In un’epoca dove l’immediatezza della connessione sembra sostituire la profondità dell’interiorità, l’assenza dello smartphone diventa una mutilazione dell’Io, quasi una perdita di senso. Ma se bastano pochi giorni senza schermo per generare ansia, disorientamento, rifiuto del contesto... allora dobbiamo chiederci: quali sono le risorse interiori dei nostri giovani? Quali valori reggono il loro rapporto con la realtà?

Nel delicatissimo ambito della tutela dello Stato, dell’ordine pubblico e del benessere collettivo, è impensabile affidarsi a figure incapaci di tollerare il silenzio, la solitudine, la disciplina. L’addestramento militare non è solo fisico: è innanzitutto etico. Richiede forza d’animo, senso del dovere, capacità di rinuncia. Se queste virtù vengono sopraffatte dalla dipendenza da un oggetto, il problema non è solo dei carabinieri: è della società intera.

Forse è tempo di ripensare non solo la formazione dei futuri servitori dello Stato, ma anche la formazione dell’uomo, sin dall’infanzia. Recuperare il valore della presenza, dell’autonomia interiore, della pazienza. Altrimenti rischiamo di costruire un mondo sempre più connesso, ma sempre meno capace di reggere la realtà.


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