Come mia moglie Elisabetta
Brusa, anch'io ho rassegnato le dimissioni dal conservatorio, dopo quasi 39
anni di attività. Attenderò pazientemente la pensione che, se sarò ancora vivo
e se certi politici improvvisati non avranno mandato a rotoli le casse dello
stato, arriverà fra quasi cinque anni.
La nostra decisione di
abbandonare l'insegnamento fu presa nel giro di cinque minuti, mentre poco più
di un anno fa eravamo in vacanza ad Hammamet. Entrambi, insofferenti di una
situazione ormai paradossale, al limite del ridicolo e che urla vendetta, fummo
educati in tempi in cui l'insegnamento della Musica non era ancora schiavizzato
da una ridicola, assurda e blasfema riforma, ideata esclusivamente per
decretare la fine definitiva dei conservatori. Ideata da non si sa chi, forse
nella speranza di poter ottenere stipendi universitari, anziché da scuola
superiore o giù di lì. Lo sanno tutti e tutti per anni ed anni hanno fatto
finta di nulla. Le poche voci alzatesi contro questa riforma, che a detta di
alcuni avrebbe dovuto allinearci al resto delle altre nazioni europee, ma che
non ha fatto altro che procrastinare l'uscita dagli studi dei giovani
musicisti, sono rimaste inascoltate. Il vecchio conservatorio era soltanto da
svecchiare, non da svendere al gigantesco mercato degli ammortizzatori sociali.
Era una scuola esclusiva, aristocratica nel senso più elevato del termine,
riservata a chi aveva talento e a chi, seppur con talento inferiore, amava la
Musica in modo esclusivo, appassionato. Poi è arrivata questa funesta riforma,
che ha trasformato irreparabilmente istituzioni di alto livello in un ennesimo
corso di studi pseudo-universitario, con numerose materie pressoché inutili, ma
utilissime al mantenimento del posto di lavoro di docenti con classi semivuote
e che altrimenti avrebbero rischiato la chiusura. Tutti lo sanno. Nel giro di
20 anni i conservatori si sono trasformati in centri di accoglienza per eterni
studenti che a 30 anni suonati vagano ancora nei corridoi degli istituti,
passando da un corso monografico su Mahler, magari non conoscendo nemmeno le
sinfonie di Mozart, ad uno monografico di filosofia su Nietzsche, magari senza
aver mai letto due righe di Aristotele o Platone. Un coacervo di corsi e
corsetti con allievi ormai quarantenni e oltre, spesso brevissimi e deboli,
inutili ad una vera formazione dell'individuo-artista. Un titolo vago
denominato "Laurea in discipline musicali", dove quello in Tromba
Jazz o Flauto Barocco ha il medesimo valore di uno in Composizione o Direzione
d'Orchestra. Senza parlare delle numerose scuole aggiuntesi nel tempo, come
quelle di Jazz ed ultimamente Pop-Rock eccetera, anch'esse cibo per il famelico
ammortizzatore sociale che tiene tutti buoni, studenti e docenti, regalando
limbo, poco denaro ed una certa sicurezza.
Insomma, un vero e proprio
livellamento verso il basso. Laureati ma appiattiti. Aggiungiamo poi il
tranello vergognoso ed avvilente dei corsi per l'abilitazione all'insegnamento,
dove giovani padri di famiglia si adattano ad un'umiliazione senza precedenti.
Almeno fosse gratuita... Invece no, anch'essi trappolone ideato per rinvigorire
la massa di docenti e studenti, altrimenti senza lavoro e senza scopo. Si
potrebbe andare avanti all'infinito...
Recentemente ho partecipato
all'ultimo collegio dei docenti e mi è stato chiesto di dire qualche parola di
commiato. Salutando tutti, ho preferito tacere, perché altrimenti avrei
depresso oltremodo i colleghi. Naturalmente, come avvenuto regolarmente dal
1979, anno del mio ingresso del tutto casuale in conservatorio come docente,
anche ieri non ho MAI sentito parlare di Musica, ma soltanto di burocrazia,
comunicazioni ministeriali, organizzazione dei corsi ed un elenco
insopportabile di comunicazioni totalmente avulse dall'arte musicale. Tutta
roba che un musicista dovrebbe delegare in toto a esperti in gestioni
amministrative e della quale non dovrebbe nemmeno sentir parlare. Un docente
dovrebbe entrare in conservatorio e mettersi a far Musica, senza intoppo
alcuno, senza le trappole di un sistema che impedisce di fatto la realizzazione
delle basilari attività. E ogni istituto ha inevitabilmente le sue pecche. Ma
direi che la pecca più grande, quella che ha davvero umiliato i conservatori, è
la nomina del Direttore da parte del corpo docente, spessissimo un DO UT DES di
basso profilo, risolto in scambi, accordi più o meno personali e che ne
impediscono il vero potere gestionale-musicale dell'istituzione. Un consiglio
accademico pure esso nominato dai docenti e spesso ingovernabile al suo
interno, con faide intestine dove tutti sono contro tutti. Il buon senso
avrebbe consigliato di ideare una struttura verticistica, dove un Direttore
eletto per chiara fama, rendendo regolarmente conto al Ministero, si sarebbe
dovuto impegnare circondandosi di una équipe valida e compatta, ben assortita e
coesa, dove ogni componente sarebbe stato responsabile del proprio lavoro e ne
avrebbe reso conto, pagando personalmente errori o inefficienze. Invece... Già,
ma nell'apparato statale tutto ciò è fantascienza.
Ne racconto solo una: ad un
collega fu affidata la preparazione dell'opuscolo e delle locandine per
l'attività del conservatorio. Sicuramente in buona fede, con solerzia e
seguendo i suo istinto, approntò il tutto. Un giorno, entrando in
conservatorio, mi venne un colpo. Avete presente quegli opuscoli che si trovano
negli autogrill e che all'interno hanno la coloratissima pubblicità delle
carrozzerie, delle pizzerie, dei lavasecco, dei cinema e delle autorimesse?
Ecco, l'opuscolo era così. Fui forse l'unico a protestare col direttore per
quel lavoro terribilmente inadatto ad un'istituzione come il conservatorio. Il
solito deprecato buon senso, avrebbe suggerito al direttore di rispedire il
tutto al mittente e chiedere un nuovo opuscolo. Nulla. Il tutto pagato col
fondo d'istituto. È soltanto un piccolo esempio, ma potrei continuare
all'infinito. Una volta, al rientro dalle ferie, entro e mi ritrovo l'interno
del conservatorio dipinto in rosa shocking. Rosa, avete capito bene! Come il
sottomarino Sea Tiger nello spassosissimo film "Operazione
Sottoveste". Ma chi era a governare un simile scempio? Altra chicca:
ristrutturazione di un palco per ospitare coro e orchestra. Ideato senza
scivoli per lo scorrimento dei pianoforti, sicché ogni volta è necessario
l'intervento di una ditta di trasportatori, con inevitabile costo aggiuntivo
per l'istituto. Il risultato è che i pianoforti gran coda sono fissi sul palco
e l'orchestra suona sul pavimento.
E così via, e così via...
La solita storia, chi controlla? E chi controlla i controllori? Potrei accennare
ai direttori psicopatici ammalati di potere che ho incontrato durante il mio
peregrinare in vari conservatori. In uno, a capo dell'istituto c'era un
sedicente direttore d'orchestra con la fissa di dover per forza dirigere
qualcosa a fine anno. In mesi di lavoro con l'orchestra dei giovani studenti
costruivo un piccolo gioiello, arrivava lui e distruggeva tutto. In un altro,
un valente musicista fuori di testa arrivava al mattino urlando come un pazzo
spaventando tutta la segreteria. Nessuno aveva il coraggio di avvicinarlo per
tutta la giornata. Nel frattempo lui era uscito dalla porta secondaria per
andare a esibirsi in un concerto o forse per impartire lezioni private. Poi ci
sono i direttori con la fissa delle riunioni. Per almeno due anni ho partecipato
a riunioni per la programmazione di concerti per gli allievi delle classi di
composizione. Dopo due anni non si era ancora fatto nulla e gli allievi e gli
insegnanti sono ancora lì che aspettano.
In quasi quattro decenni ho
avuto colleghi meravigliosi, alcuni di loro persone e musicisti davvero
straordinari. Con alcuni ho anche collaborato felicemente nella realizzazione
di concerti e ad alcuni devo moltissimo per l'abnegazione con la quale si sono
sempre prodigati, dimostrando grande amore verso la Musica e verso i giovani
musicisti. Anche loro, purtroppo, sofferenti all'interno di strutture male
organizzate, dove è impossibile alcuna seria programmazione. Un'istituzione
come il conservatorio dovrebbe essere in grado di programmare tre, quattro o cinque
anni in anticipo l'attività e invece è prigioniera di un bilancio annuale,
strettissimo e immobile. Dovrebbe essere in grado di gestire autonomamente i
fondi senza per forza sottostare a ridicole procedure e gare d'appalto mirate
al ribasso. Oppure misteriose: mobili vecchi accatastati da anni e impossibili
da eliminare, perché per farlo ci sono normative di tipo sovietico. Vetri rotti
o lampade fuori uso in attesa di una gara d'appalto prima di essere sostituite.
Il vecchio e tanto
criticato conservatorio aveva soltanto bisogno di rinnovare il repertorio,
aggiungere un corso serio di Storia della Musica ed uno di Composizione comune
a tutte le scuole, aggiungere corsi obbligatori per tutti di lingue musicali
(Francese, Tedesco, Inglese e Latino) ed uno di Filosofia della Musica. Ora,
invece, abbiamo i corsi di Metodologia dell'Analisi Comparativa, Psicoacustica
funzionale e così via... ci manca Taglio e Cucito, nonché Cucina
Afro-Brasiliana e siamo a posto.
Profetico fu lo scritto del
1914 di Giovanni Papini "Chiudiamo le Scuole". Da allora poco è
cambiato. Vale la pena di rileggere queste righe: "(La scuola) Non insegna
quasi mai ciò che un uomo dovrà fare effettivamente nella vita, per la quale
occorre poi un faticoso e lungo noviziato autodidattico. Insegna (pretende
d'insegnare) quel che nessuno potrà mai insegnare: la pittura nelle accademie;
il gusto nelle scuole di lettere; il pensiero nelle facoltà di filosofia; la
pedagogia nei corsi normali; la musica nei conservatori. Insegna male perché
insegna a tutti le stesse cose nello stesso modo e nella stessa quantità non
tenendo conto delle infinite diversità d'ingegno..."