Fra tutte le categorie di musicisti, il direttore
d'orchestra ricopre da sempre un ruolo delicato e instabile, per via della sua
principale caratteristica, ovvero quella di far musica senza produrre
fisicamente alcun suono. L'aura di mistero e fascino che lo circonda è oggetto
di continue valutazioni, critiche, denigrazioni o esagerate adulazioni. Egli si affida necessariamente ad uno
strumento, l'orchestra, che non è paragonabile alla tastiera del pianoforte e
che per la natura umana che la contraddistingue necessita di un trattamento
delicato, intelligente e naturale. Come si sa, la bacchetta non fa stecche e
l'abilità di far suonare l'orchestra in un modo consapevole e personale, senza
alterarne l'anima e senza danneggiare il pensiero del compositore, è un'impresa
ardua e rilevante che richiede una condotta interpretativa logica e pertinente
al testo, ma può essere semplice e banale qualora sia opera di un artista
irresponsabile e autoreferenziale.
La valutazione di un direttore da parte dei musicisti
dell'orchestra varia molto in base alla cultura e alla preparazione di ogni
singolo componente. Oggi, complice una scuola musicale settoriale, circoscritta
alla preparazione tecnica e alla sua enfatizzazione, dove la formazione
umanistica è pressoché ignorata, la nuova generazione di musicisti cresce quasi
completamente avulsa da un gigantesco mondo parallelo, essenziale al
completamento della propria natura musicale. Pochi artisti hanno il desiderio e
la volontà di riempire un vuoto, spesso si accontentano della propria efficienza
sullo strumento al quale dedicano una vita, ma alla quale però sottraggono il
giusto nutrimento. La Musica, arte particolare è come un campo che senza
concimazione o alternanza di sementi, dopo un po' inaridisce e non dà più
ortaggi.
L'educazione settoriale non è certo prerogativa degli
artisti. Oggi, in qualsiasi campo vige soltanto il criterio dell'efficienza e
della specializzazione. Provate ad andare da un medico generico per un dolore
ad un alluce e scoprirete che la maggior parte di loro forse non è in grado di
distinguere un dolore artrosico da quello prodotto da un' onicocriptosi.
Mancando quella parte intuitiva, quella capacità empatica necessaria al
delicato compito, il suo parere sarà quello di proporvi esami totalmente
inutili e costosi.
Il pubblico, non da meno, giudice finale per
l'incoronazione dell'eroe di turno, in assenza di un minimo bagaglio musicale
complesso e di una conoscenza approfondita della storia dell'esecuzione, si
accontenterà di ciò che abilmente il business musicale gli propone,
trangugiando divi, antidivi, onesti musicisti e squallidi imbonitori. I mass
media, veicoli d'eccellenza per la glorificazione, sono abilissimi nel
confezionare immagini, storie presenti e passate, ritratti di artisti
impensabili e chi non conosce è inevitabilmente preda, più o meno
inconsapevole, di queste trappole.
Oggi nel mondo, l'attività del direttore d'orchestra è terribilmente inflazionata e forse numericamente paragonabile a quella di chi pratica il
mestiere più antico del mondo. È sufficiente digitare la parola "conductor"
su Google immagini e troverete centinaia di pagine che ne ritraggono di celebri
e di totalmente sconosciuti, da est a ovest e da nord a sud del globo. Chiunque abbia
vissuto il mondo musicale di soltanto quarant'anni fa, cioè stamattina, ricorda
benissimo la quantità e la qualità degli interpreti, nonostante il proliferare
dei dischi, all'epoca veicoli primari di divulgazione musicale.
Chiaramente, qualcosa si è definitivamente alterato
nel meccanismo di questa particolare arte interpretativa. Il mondo
dell'entertainment ha assimilato e involgarito ogni cosa, sottraendo quella
parte trascendentale che il mondo musicale richiederebbe, ad iniziare da una
superiorità di intenti unita ad una consapevolezza del ruolo, divenuto ormai
troppo spesso ordinario e marginale. La nascita di molte compagini dedite
all'esecuzione senza direttore, è forse una delle prime risposte autorevoli,
seppur parziali, ad una consuetudine esecutiva priva di significato. Un modo
serio anche per sottrarre quel desiderio e quella necessità di affermazione
sociale tipica del direttore d'orchestra e rara negli esecutori o nei cantanti,
troppo impegnati a conservare la loro abilità tecnica e interpretativa. Il
dramma del direttore è la continua attenzione visiva che richiede e accentra su
di sé, da parte dell'orchestra e da parte del pubblico. La prima, soltanto in
minima parte può contribuire al successo o all'insuccesso di un direttore, per il semplice fatto
che non riuscirà mai ad andare contro la propria natura e suonare male, anche
in presenza del peggior somaro anti musicale. Basta parlare con qualsiasi
esecutore e vi confermerà ciò. Al massimo vi dirà che Tizio o Cajo son dei
raccomandati e che se non dirigono lì le sovvenzioni per l'orchestra o il
teatro non arrivano.
Il pubblico invece, proprio per la sua natura
inconsapevole e per la non conoscenza della cosa musicale, essendo facilmente
influenzabile da avvenimenti estranei potrà essere giudice esclusivo e
decretare ascesa o discesa di un musicista, anche eccellente. Da esso
scaturisce il complesso di condizioni affannosamente inseguite da molti
direttori d'orchestra, che non essendo in possesso di sufficiente struttura
interiore, alta motivazione e conoscenza, necessitano di quell'aura particolare
per poter sopravvivere in una condizione di difficile valutazione e considerazione.
Nei limiti di una semplice verifica delle attitudini e della preparazione
musicale, in pochi sopravvivrebbero. Un normale strumentista non ne ha davvero bisogno,
perché sa che se suona bene è già salvo. È perfettamente conscio che per
valutarlo non è necessario guardarlo, bensì è sufficiente ascoltarlo.
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