Nella società contemporanea, la vittoria è spesso presentata come il fine ultimo di ogni sforzo umano. Si vince nello sport, nella carriera, nelle relazioni, persino nelle opinioni. Tuttavia, non ogni vittoria porta con sé significato o valore. Vi sono vittorie ottenute con impegno e sacrificio che si rivelano vuote, sterili, incapaci di dare appagamento. È il caso delle vittorie cercate non per crescere, ma per colmare un conflitto interiore, per placare un senso di inferiorità o per prevalere sugli altri. In tali situazioni, la vittoria perde il suo senso autentico e diventa un’illusione di felicità.
Ogni volta che l’essere umano combatte per dimostrare il proprio valore, anziché per esprimerlo, egli si trova in balia di un vuoto interiore che nessun successo esterno può colmare. Vince, ma non si sente vincitore; raggiunge l’obiettivo, ma non prova pace. Il conflitto che lo muove, ovvero il bisogno di riconoscimento, la paura del fallimento, la rivalità con l’altro, resta intatto, perché non è stato affrontato ma soltanto coperto da una vittoria apparente. L’ego si esalta per un momento, ma la coscienza più profonda avverte la falsità di quel trionfo creando ulteriore disagio.
Non meno importante è la dimensione relazionale. Una vittoria ottenuta a scapito delle relazioni con gli altri è una sconfitta travestita. Nel tentativo di affermarsi, l’individuo rischia di distruggere legami, ferire sensibilità, rompere equilibri di fiducia. Vince, ma si isola; conquista, ma perde la vicinanza umana. In tal modo, la vittoria diventa inutile non solo per il suo vuoto morale, ma anche perché allontana l’uomo dal suo essere più autentico, che trova senso solo nella comunione e nella reciprocità.
La vera vittoria, al contrario, nasce dall’armonia interiore. Non è il trionfo su qualcuno, ma su qualcosa di davvero importante: sull’orgoglio, sulla paura e sull’inquietudine. È la conquista di una serenità che non dipende dal confronto ma dalla comprensione di sé è soltanto chi ha risolto i propri conflitti interiori può vincere davvero, perché non combatte più per compensare un’assenza, ma per esprimere una pienezza.
In conclusione, ogni vittoria ottenuta per riempire un vuoto o per imporsi sul prossimo è inutile, poiché non porta alla crescita ma alla dipendenza dal giudizio esterno e al deterioramento dei rapporti umani. La vittoria autentica è quella che non separa, ma unisce e di sovente quella che non illude, ma libera. È la vittoria di chi si è finalmente riconciliato con sé stesso e non ha più bisogno di vincere per sentirsi vivo.

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