Uno
dei più gravi problemi che le società industrializzate ed evolute dovranno
affrontare intorno al 2050 non solo sarà quello della disoccupazione, bensì
quello della impossibilità di occupazione, ovvero dell'inutilità di impiego di
uomini e donne, che a causa della loro formazione non adatta ai tempi non
potranno essere di alcuno aiuto alla società nella quale vivono. In parole
povere, l'educazione scolastica generalizzata così come la conosciamo, sempre
che sia esclusivamente supportata dalla personale ricerca della conoscenza, non
servirà a nulla eccetto che alla propria soddisfazione, insufficiente comunque
al mantenimento materiale per una vita dignitosa.
Le
previsioni si basano ovviamente sull'esponenziale progresso tecnologico che via
via causerà la sostituzione dell'opera umana materiale con quella robotizzata e
quella frutto del pensiero analogico con quello digitale. Il grande matematico
e filosofo Bertrand Russell, nel suo libro “Elogio dell’ozio” del 1935, si
esprimeva dicendo che "la fede nella virtù del lavoro provoca grandi mali
nel mondo moderno, mentre la strada per la felicità e la prosperità si trova
invece in una diminuzione del lavoro". In tempi più recenti, Bruno
Bertinotti, politico e sindacalista, aveva adottato lo slogan "Lavorare
meno, lavorare tutti" che dietro la facile presa populista aveva nel suo
più intimo significato un valore ed una prospettiva allora non ancora compresa,
ma che oggi appare realtà.
Dunque,
lavorare meno: Direi che come prospettiva per una diminuzione dell'alienazione
personale sia un'ottima idea. Lavorare tutti: benissimo, ma significa adattarsi
anche ai lavori più umili, ponendo le basi per un ritorno ad un egualitarismo
di base che riguarderebbe tutte le classi sociali, sempre che per quel tempo
siano destinate ancora ad esistere. Ma cosa fare nel tempo libero? Ecco che il
concetto di formazione di base torna prepotente alla ribalta. Una scuola con un
pensiero educativo uniformato e che livella tutti, senza alcun criterio di
valorizzazione in base alle personali caratteristiche, quanto può servire
all'individuo? Soprattutto, un'educazione che punta esclusivamente all'erudizione
trascurando la sapienza, quanto può tornare utile? Conoscenza e sapienza
possono essere scambiati per sinonimi, ma hanno un significato intrinseco
differente. La prima ha un indubbio valore pratico, ma la seconda definisce un
mondo interiore, senza il quale la mera conoscenza non serve, se non a porre le
basi per l'adattamento ad una silenziosa e moderna schiavitù.
E
qui subentra l'urgente bisogno, direi un dovere, di ritagliarsi quel mondo
ideale fatto di passioni, attitudini e desideri che ci dovrebbe accompagnare
per tutta la vita, soprattutto durante quella parte del tempo non dedicato al
lavoro d'impiego, sia esso manuale, industrializzato o pseudo-intellettuale che
per la stragrande maggioranza degli individui si rivela comunque alienante. Le
passioni, gli ideali, la dedizione a ciò che più si ama e che più ci ispira
dovrebbero essere ingranaggi del motore della nostra esistenza. Purtroppo, e
qui la scuola ha una grande colpa, queste attitudini umane non sono
sufficientemente inculcate, se non addirittura totalmente neglette. Troppo
sforzo per chi è preposto alla crescita dell'individuo e costi esorbitanti per
la cosa pubblica. Meglio lasciare tutto così com'è, abbandonando ognuno al
proprio triste destino. Impegno significa fatica, sviluppo del pensiero
significa autonomia, consapevolezza significa capacità di combattere lo
"status quo" e la sua negligenza.
Chiunque
abbia avuto la fortuna di potersi dedicare alla propria passione, senza dover necessariamente rinunciare a ciò che più ama è, come chi scrive e i suoi simili
in campo artistico, da considerarsi molto fortunato, indipendentemente dalla
situazione sociale personale di partenza. Le future generazioni non saranno in
grado di dedicarsi in toto a ciò che quelle appena passate e quelle attuali
sono ancora in grado di fare. Per questo motivo, chi è depositario di un certo
tipo di conoscenza, ha il dovere morale di diffonderla e inculcare nelle generazioni
più giovani la medesima passione che ha animato ed anima tuttora la propria
esistenza.
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