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martedì 30 gennaio 2018

La carriera del direttore d’orchestra


Uno dei drammi personali vissuto da sempre in qualità di musicista e docente, è il momento in cui un giovane studente ha iniziato a parlarmi di carriera. Non di future aspirazioni per una soddisfacente vita musicale e personale ma esclusivamente di opportunità, occasioni da non perdere o persone da frequentare nei luoghi giusti e al momento giusto. Raramente si tratta di ricevere consigli volti ad un sereno percorso già fortemente accidentato in partenza e come evitare i pericolosi incerti iniziali marcati dalla necessità di una vera predisposizione ed una ferrea preparazione, ma che non sono certo una garanzia per la riuscita futura. Di solito, uno degli aspetti più tipici che emerge durante la conversazione coi giovani interlocutori è l’assenza di un vero ideale ispiratore, quel forte amore per la Musica che sin da giovanissimo ti marchia e ti indirizza verso un particolare repertorio, quello più affine alla tua sensibilità e ai tuoi innamoramenti giovanili. Ciò che più emerge durante le conversazioni è la mancanza di una vera passione, quell’amore viscerale per particolari universi sonori o, nel caso del teatro musicale, per certi mondi drammaturgici così differenti fra loro, che scopri all’inizio del tuo percorso e che sviluppi successivamente grazie alla maggior conoscenza e frequentazione del repertorio.
La maggioranza di chi si avvicina allo studio della direzione d’orchestra è oggi vittima di una formazione superficiale, avvenuta sui CD e grazie ad un frettoloso ascolto in modalità “random” su Youtube o Spotify. Nel migliore dei casi è pure vittima di frettolosi studi di analisi, oggi molto in voga nei corsi per adulti analfabeti degli ex-conservatori di musica e proviene pure dalle più diversificate zone della musica non solo classica, ma dal jazz, dal rock, dal pop. Un bel mix di preparazioni differenti e soprattutto di sensibilità, non sempre le più adatte per iniziare un percorso che dovrebbe essere già marcato profondamente in età giovanile. Un percorso solido di studi di composizione è oggi davvero raro e la ragione per cui da qualche decennio molti desiderano dedicarsi alla direzione d’orchestra si cela dietro le più varie motivazioni, a volte non molto edificanti. Il desiderio di visibilità e l’affermazione sociale, quando non sono accompagnate da solidità personale e artistica, sono caratteristiche comuni, meno nobili e apparenti del giovane aspirante. C’è chi pensa che alla base di quest’arte ci sia esclusivamente il possesso di una tecnica gestuale impeccabile e "video-fotogenica", per altri si tratta di un compito da notabile e per altri ancora di un’attività ludica adatta a circostanze ben lontane dal fine ultimo dell’arte musicale. Che si tratti poi di impegnarsi in un repertorio o nell’altro poco importa, l’importante è “emergere”. L’ignoranza della storia della Direzione d’Orchestra, circa un secolo, è pressoché totale. Se si citano i nomi di chi ha reso grande quest’arte, spesso cala un terribile e imbarazzante silenzio.
Fortunatamente, anche in tempi recenti, mi sono imbattuto in rari esempi di devozione alla Musica e in nobiltà d’intenti. Giovani e un po’ meno giovani davvero umili servitori di essa, ben preparati, consapevoli delle ragioni della più misteriosa fra le arti, predisposti al ruolo e molto pazienti, in attesa di frutti che per maturare necessitano di tempo, terreno fertile, ben concimato e di giuste irrigazioni. Fra questi, alcuni hanno doti notevoli e sono da ritenere fortunati, perché consapevoli delle difficoltà, delle incertezze e delle possibili delusioni di una futura intensa vita lavorativa, quella comunemente definita “carriera”, che oltre a donare fama e gloria in rari casi, riserva spesso delusioni personali, inaridimento degli affetti, perdita di amicizie e molta solitudine. C’è chi è inossidabile e ha caratteristiche tali adatte ad affrontare le enormi fatiche che il business musicale richiede e quindi la perdita di tante cose belle che la vita offre e (forse) inconsapevole di essere poi impossibilitato a godersi ciò che si è guadagnato in una vita. Altri vivono in una perenne incertezza (ma cosa è certo per l’uomo?) e, pur possedendo le caratteristiche necessarie, non osano mai perché l’ignoto fa paura, destabilizza, non rasserena.


La carriera, così comunemente intesa, non è una comune attitudine. La maggioranza fra noi artisti l’ha provata per un breve periodo, magari una ventina d’anni e poi le circostanze della vita l’ha riportata a percorrere vie più serene, meno problematiche nelle relazioni sociali, più adatte al differente carattere di ognuno. I viaggi e gli spostamenti continui, il ripetuto adattamento a differenti orchestre e quindi a uomini e donne di altra estrazione e cultura, non sempre in sintonia con la propria natura musicale e umana, non sono di ovvia digeribilità.  Tutti i giovani musicisti con aspirazioni “da solista”, fin dall’inizio dei loro studi dovrebbero essere resi consapevoli che a fianco dei successi iniziali, magari numerosi, ci sono sempre in agguato fattori diversi che possono modificare la propria visione del mondo quando meno la si aspetti. L’importante è avere una visione, perché oggi ci sono molti direttori d'orchestra totalmente ciechi che percorrono strade ignote, sbandando a destra e a manca e distruggendo progressivamente un’arte già terribilmente compromessa da approssimazione, ignoranza, presunzione e, nel migliore dei casi, mancanza di gusto. Oggi ridotta a pura manovalanza anche in posizioni un tempo idilliache e infelicemente trasformata in una preda ricercata dagli avidi bucanieri dello Star System.

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