Molti musicisti tecnicamente abili con lo strumento, la voce o la bacchetta, nel momento in cui salgono sul palco e si trovano ad interagire con altri musicisti e col pubblico mostrano improvvisamente i limiti della loro arte. Diciamo che subito si dimostrano "bravi ma antipatici". Qualcosa di importante non accade, perché l'essere umano non riesce a trasmettere quel "quid" indispensabile per relazionarsi con chi ha di fronte. Diciamo che li si può genericamente definire "poco empatici", per via della mancanza di compassione nel senso più prossimo all’etimologia, che significa "patire insieme".
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venerdì 18 agosto 2023
Musica ed empatia
venerdì 4 agosto 2023
Le audizioni, ovvero come imparare presto a vivere senza la musica, ma trovando un impiego grazie alla musica.
Qualsiasi giovane strumentista che abbia avuto occasione di affrontare un'audizione o un concorso in un'orchestra, oltre ad essersi trovato nella situazione stressante di uno studio che per settimane, se non mesi va ben oltre l'impegno richiesto, al momento dell'esecuzione di fronte alla commissione o addirittura all'orchestra intera, pur sapendo di avere dato il massimo si ritrova di sovente non idoneo. Di certo ciò non accade per incapacità del singolo giovane musicista, bensì a causa dei parametri che da tempo sono utilizzati per definire le capacità tecniche e poi musicali. Per cui, ad un giovane violinista che fa l'audizione per violino di fila in un'orchestra da camera dove solitamente il repertorio non va oltre Mendelssohn, sono richiesti passi dal Don Juan di Strauss o dal Romeo e Giulietta di Prokofiev. Oppure capita che per il posto di corno sia richiesto il Terzo movimento della Pastorale di Beethoven eseguito a folle velocità ma palesemente anti-musicale, condito pure dal solo della Settima di Bruckner. Poi accade (e non è raro) che grazie al superamento di virtuosismi inutili, il candidato si ritrovi assunto e al primo appuntamento con una sinfonia di Brahms non sappia dove mettere le mani, per il fatto che in vita sua non ha frequentato profondamente quel repertorio ascoltandolo, approfondendolo sentimentalmente e creandosi un'estetica personale e particolare che con la tecnica strumentale non ha nulla a che fare.
C'è un passo nella Terza Sinfonia di Brahms che richiede un rallentando non scritto, ma che fa parte del DNA di quella musica. Ci sono attese, respiri e intenzioni sottintese che a 25 o 30 anni non puoi non conoscere. Se non conosci ciò, significa che non sei mai stato innamorato della Musica ma soltanto della tua soddisfazione muscolare. Poi accade che si innesti una spirale di errori interpretativi che passano dal direttore allo strumentista, al pubblico e così via, sottraendo alla Musica quella parte che le è propria e immutabile, a prescindere dalla sua più o meno corretta esecuzione tecnica. Poi il tempo passa e, a scapito della Musica, qualcosa si impara.
Ricordo che qualche decennio fa Gianandrea Gavazzeni, in una pausa durante le prove di Bohème alla Scala, mi disse: "Eh, vede caro Serembe! Qui è pieno di giovani che suonano benissimo, hanno un'ottima tecnica, ma NON CONOSCONO BOHÈME, non la conoscono!"
Alla fine, in questi vent'anni di internet che ha orribilmente rimbecillito l'umanità, la mancanza di frequentazione profonda e di dedizione del tempo richiesto per l'ascolto esteriore ed interiore, ci ha regalato soltanto orchestre che suonano tutte allo stesso modo, magari in modo impeccabile, ma noiose, molto aggressive nel modo di suonare e soggette a ritmi che richiedono ai musicisti gli antidepressivi o i calmanti, sempre presenti nella valigetta del Medico accompagnatore durante le tournée. Calo un velo pietoso sulle orchestre come i Berliner che suonano con un microfono posto di fronte ad ogni esecutore. Affermare che sia ridicolo è insufficiente, ma non trovo altra espressione aulica adatta a chi legge.