Pubblico volentieri queste righe ricevute dal sommo J.S. Bach.
Caro
e affezionatissimo collega,
Ieri,
io e Karl (Richter) stavamo passeggiando negli immensi giardini del Padrone di
casa e, intenti a gustare l’immensità del tempo nelle sue infinite dimensioni,
ci domandavamo come mai lì sulla terra esso stava sempre più contraendosi.
Mentre discutevamo e davamo un’interpretazione di ciò che è conosciuto soltanto
a "Lui", Stephen Hawking ci ha rincorso (qui è subito guarito)
urlandoci che tutte le sue congetture erano un po’ imprecise, ma che sulla
questione del tempo relativo aveva da dirci qualcosa. Io, che come ben sai ho
raramente dato indicazioni circa la velocità di esecuzione delle mie opere, ho
subito fatto notare quanto lì da voi, oggi più che mai, sembra che il concetto
di tempo abbia sempre più un valore assoluto, anziché relativo. O meglio,
sembra che tutto venga misurato in secondi, minuti e ore anziché in stagioni,
quinquenni, secoli. Intendo dire che una volta certi grandi della terra, pur
vivendo la metà di quanto vivete voi, avevano ambizioni a lunghissimo termine e
non si preoccupavano minimamente del quotidiano, se non per assicurarsi una
minima salute per una vita minata da carestie, pestilenze e disastri naturali,
tutti all’ordine del giorno. Pensavano molto in avanti, erano molto ambiziosi
ed erano forse un po’ megalomani, ma avevano una caratteristica: immaginavano.
Stephen ha subito detto che come per Albert, alla base delle sue teorie c’è
sempre stata una forte base immaginativa. Caratteristica difficile da
comprendere per menti normali che, sempre siano in grado, al massimo possono
immaginare come costruire un ponte sospeso a cento metri di altezza e lungo
mille chilometri. Per i normali di livello un po’ più elevato, come il
sottoscritto, Ludwig, Wolfgang e amici di altri campi artistici o scientifici,
è già un miracolo che si sia riusciti ad avere idee avanzate, anche se non
sempre felicemente compresi.
Ecco,
il punto è la comprensione. Ascoltando da quassù molte vostre esecuzioni di
musiche mie e dei miei veneratissimi amici e colleghi, ho l’impressione che la
parossistica velocità con la quale vi divertite ad eseguire la musica dei
periodi precedenti al vostro, non permetta di gustare appieno il mondo sonoro
insito nelle composizioni stesse. A parte il vostro atteggiamento nel voler
ricostruire attimi non replicabili vestendo modi a voi impropri che assumono
soltanto un carattere enciclopedico, fumoso e un po’ ridicolo, agghindato con
abiti troppo larghi e in luoghi lontanissimi dagli originali, ciò che manca è
lo spazio-tempo. C’è il tempo, ma manca lo spazio. Non è questione di velocità,
è questione di relatività temporale. Su questo, Albert che ne sa qualcosa perché suonava il violino, concorda. Il rapporto fra spazio e tempo è appunto
relativo. Ovvero, ciò che proponete in modo così ostentato, non viaggia per
forza secondo la velocità della vostra intenzione, ma ad un certo punto si
ferma perché trova l’ostacolo di una velocità non più superabile. Il celebre punto
critico, per cui la massa sonora diventa infinita e si confonde col tutto. Il
risultato è l’inevitabile incomprensione del messaggio. E poi, cosa non da
poco, tutte le musiche hanno già insite velocità naturali che le caratterizzano
e che ne determinano il colore. Le indicazioni, comprese pure quelle più tarde
con le precisazioni metronomiche, sono sempre e comunque molto relative.
Wolfgang, che la sa lunga, si è divertito a scrivere indicazioni del
tipo “Allegro aperto”, dove molti interpreti insensibili regolarmente sono
cascati e tuttora cascano. Insomma, forse è il caso che riportiate tutto ad una
questione di intelligibilità, nonché di comprensione e di ampio respiro. Già,
il respiro laggiù si è un po’ accorciato, eh? Troppa frenesia, troppe
illusioni, troppe speranze vi fanno dimenticare che dovreste dare priorità alla
qualità del tempo, anziché alla quantità. Dovreste cercare di comprendere bene
la teoria di Albert, perché essa si applica in toto alle umane attività.
Provate a muovervi a piedi anziché in auto o in aereo e vedrete che improvvisamente
il vostro tempo si dilaterà e riuscirete a pensare di più e ad agire di
conseguenza, altrimenti non si capirebbe perché io ed altri, prigionieri delle
vostre medesime ventiquattro ore e con a disposizione cavalli e carrozze, fummo
in grado di donare all’umanità tutto quel popò di roba. Certo, oggi lì da voi
tutti fanno di tutto e la quantità di scrittori, pittori, suonatori,
saltimbanchi e, ahimè, compositori non si conta. Ma quella si chiama, mi spiace
per voi, democrazia, un'invenzione per illudervi di essere tutti uguali e tutti
in grado di fare qualsiasi cosa. Avete certamente spinto la tecnica molto
avanti ed ora essa vi sta superando, diventando padrona dei vostri
comportamenti e inibendo le vostre emozioni. Sulla qualità degli attuali
prodotti terrestri, qui siamo tutti d’accordo. Dal cibo per l’anima a quello
per lo stomaco andate molto male. I vostri sensi si stanno atrofizzando e certi
scafati padroni delle vostre anime riescono a farvi trangugiare qualsiasi
schifezza, anche musicale. Sfortunatamente, soltanto pochi fra voi hanno la
capacità di discernere e quindi scegliere ciò che più è salutare. Si tratti di
corpo o di spirito, poco cambia. Avete i sensi compromessi dal rumore, dalla
troppa luce (sapete cos’è il vero buio?) e dai cattivi odori, certamente più
pericolosi che in altri tempi. Insomma, se non vi date una calmata, rischiate
di ritrovarvi fra pochissimo tempo prigionieri di un mondo svilito, dove
il bello si confonde col brutto, il lecito con l’illecito, l’opportuno con
l’inopportuno e dove tutto diviene sempre più
relativo. L’unica differenza è che questa relatività non conduce in
nessun luogo, perché se diviene componente statica del comportamento umano ne
impedisce il suo sviluppo armonioso. Per secoli l’umanità ha prodotto cose
grandiose e grazie cose terribili come le guerre o i disastri naturali, è
riuscita a rinnovarsi. Adesso le guerre le fate per procura e senza
ragione alcuna e, qualsiasi sia il risultato finale, nulla di buono o di bello
rinasce da esse. Lo so, per molti di voi anche buono e bello sono concetti
relativi, ma Pierre B., che sta scontando pene infinite giù nel sottoscala,
condannato ad ascoltare all’infinito Pli selon Pli eseguito su strumenti
originali nella revisione tonale di Dubois, ha confessato di essere stato
creato da Satana in persona, per costringere generazioni intere a rinunciare
alle proprie emozioni ed ora giura in continuazione che i suoi seguaci stanno
sbagliando. Se potesse, ma il Capo non vuole, tornerebbe sulla terra per
scrivere canti gregoriani. Purtroppo deve accontentarsi. Comunque, ciò che
preoccupa tutti noi, Ludwig in testa, è la facilità con la quale riuscite a
farvi ingannare. Avendo abiurato alle leggi fondamentali che governano il mondo
interiore, ora non siete in grado di governare quello esteriore e vi ritrovate
in una Babele di linguaggi, forme,
intenzioni più o meno riuscite e incomprensibili. Vedete, nel concetto
spazio-tempo ci sono alcune caratteristiche immutabili che hanno valore
assoluto, almeno per le nostre piccole menti. Siccome "Lui" non ha
mai ceduto il suo mistero a chicchessia, né tantomeno a noi prescelti, per
l’eternità esisteranno ancora tutte quelle belle e brutte cose, molte
imperscrutabili, che per secoli hanno stupito l’umanità, laggiù sulla Terra,
come sicuramente gli abitanti di altri universi sconosciuti a tutti noi. Per
cui, tornando al nostro mondo musicale che ci è tanto caro, evitate di
indossare orecchie che non avete, perché la restaurazione di antichi modelli è
più adatta a un museo, anziché all’udito di un uomo moderno. L’inganno
perpetrato da qualche decennio ha molto arricchito i teorici e altrettanto
impoverito i suoni degli strumenti e le orecchie degli ascoltatori. Un caro
amico, Herbert, che col bel suono ha lavorato una vita, si domanda sempre quale
bizzarra follia abbia fomentato la moda del recupero filologico. Ai miei tempi,
ma anche ai tempi di Ludwig o di Robert, non sarebbe venuto in mente a nessuno
di rispolverare modi esecutivi antichi. Il buon Felix, che mi ha riscoperto,
suonava la mia musica con orchestre di cento elementi. Tutti noi eravamo rivolti
al futuro, mentre voi vi nutrite del passato senza averlo però digerito, né avendo ora
il tempo per digerirlo. Insomma, è sempre una questione di tempo e di spazio.
Siate saggi: allargate il primo e riuscirete a vedere più lontano; restringete
il secondo e la visuale sarà più a fuoco. Sarà tutto più chiaro e semplice da
comprendere, senza ombre e tutto in piena luce. Si sa che senza luce non si vive.
In attesa di averti fra noi il più tardi possibile,
Tuo Johann Sebastian