Ricordi di gioventù
Era il 1968 ed io, tredicenne, per la prima volta mettevo piede alla sala Verdi del Conservatorio per ascoltare i concerti della Società del Quartetto. Un amico di famiglia, grande appassionato, sapendo della mia passione mi regalava i biglietti ed io, assieme a lui, mi recavo ad ascoltare. Il mio primo concerto in assoluto fu un recital di Rudolf Serkin con le Variazioni Diabelli di Beethoven. Non ci capii nulla e forse mi addormentai. Seguì un' impressionante Passione Secondo Matteo di Bach diretta da Claudio Abbado. Fu per me l'inizio dello stupore verso la grandiosità della musica. Tempo dopo, mi abbonai ai concerti della Gioventù Musicale, dove ogni sabato pomeriggio avevo modo di ascoltare di tutto. Dai complessi tzigani, ai grandi organisti e improvvisatori straordinari come Jean Guillou, fino alle orchestre giovanili di mezza Europa. Più tardi, quattordicenne, iniziai a frequentare il Teatro alla Scala. Il Barbiere di Siviglia diretto da Claudio Abbado fu il primo spettacolo. Erano gli anni della mia prima formazione musicale "seria" con i primi studi di armonia, con letture entusiasmanti e l'accaparramento di tutte quelle sensazioni straordinarie che a quell'età ti fanno premura. Non c'era giorno che non ascoltassi musica per almeno tre o quattro ore. Pochi dischi, eccetto quelli marcati Joker acquistati all'UPIM, perché gli altri a quel tempo erano proibitivi. Molto ascolto radiofonico, soprattutto grazie alla filodiffusione che a quel tempo era una ricchezza insostituibile e non un juke box come lo sono oggi Youtube o Spotify. Per trovare le musiche più appetitose c'era il Radiocorriere TV che dedicava pagine intere al palinsesto dettagliato e pagine agli appuntamenti da non perdere. Con la frequentazione continuativa degli spettacoli alla Scala e soprattutto dei concerti al Conservatorio (arrivai per un certo tempo ad ascoltarne fino ad otto alla settimana) sentivo che la mia formazione musicale iniziava a diventare importante. Ascoltavo di tutto, tutto digerivo famelicamente e arrivavo ai concerti dopo aver già letto e studiacchiato le partiture che per tempo mi ero procurato.
Un giorno, un caro amico mi regalò un disco DGG con Apollon Musagète di Stravinsky e la Musica per Archi Percussione e Celesta di Bartók diretti da Karajan. Fu un cambiamento epocale per i miei gusti. Dagli ascolti "normali" passai presto a scoprire meglio i due grandi sopracitati e poi Debussy, Ravel, Holst, Mahler, Britten, Prokofiev, Shostakovich fino alle musiche più avanzate del '900, come Boulez (Le Marteau), Donatoni, Berio e Maderna, non senza esser prima passato attraverso Respighi, Casella, Malipiero e tanti altri "padri fondatori". Di Maderna rimasi affascinato dall'ascolto di Don Perlimplin, opera radiofonica su testo di Garcia Lorca, trasmessa sul terzo canale radiofonico alle nove di sera di una caldissima sera d'Agosto. Sdraiato sul letto e guardando dalla finestra le luci di Menaggio riflesse nelle acque del Lago di Como, mi immaginavo tutta l'ambientazione e mi trastullavo ascoltando qualcosa di affascinante, ma di cui ero certamente poco consapevole. Fu dopo questi ascolti che iniziai a comporre per quartetto e per orchestra, pur senza conoscere ancora la strumentazione. Imitavo, imitavo e imitavo (non facevano così anche i Grandi del passato?) e scrivevo, scrivevo, scrivevo.
Ammesso finalmente al conservatorio di Milano
grazie ad una generosa presentazione di Romano Gandolfi che dopo avermi per
caso conosciuto a casa di una cugina mi aveva preso in simpatia, e del quale
ebbi poi l'onore di seguire per un po' di tempo le prove di coro alla Scala,
iniziai gli studi prima di fagotto con il compianto Sergio Penazzi e poi di
tromba (ero bravino) con Giuseppe Bodanza, storica prima tromba del teatro
milanese. Anche il mio insegnante di pianoforte faceva parte dell'orchestra
della Scala. Era Bruno Cantamessa, grande gentiluomo e persona di buon cuore.
Ricordo che aveva una tecnica strabiliante, ma lui diceva che Pino Calvi (il
celebre pianista, direttore d'orchestra e compositore italiano di canzoni e
colonne sonore per film e sceneggiati) era ancora più bravo di lui. Un giorno,
Calvi lo venne a trovare in classe e i due si misero a suonare Brahms a quattro
mani. Impressionanti. L'ingresso in conservatorio col fagotto fu un becero
"escamotage" per poter poi passare, da interno, alla classe di
composizione e poi di direzione d'orchestra. In quegli anni non entravano
cinquantenni con la laurea in chimica e debiti formativi da asilo...Conoscevo
l'armonia sì e no fino alla nona di dominante, avevo già sbirciato il trattato
di strumentazione di Casella-Mortari, ma continuavo a comporre, senza scopo
alcuno se non il compiacimento di riempire fogli di carta a 32 righi
costosissimi che conservavo come preziose reliquie. Un giorno, molto
soddisfatto per aver composto una partitura d'avanguardia totalmente atonale,
gigantesca e a mio avviso "spaziale" la sottoposi per caso al mio ex
insegnante di teoria musicale, il dotatissimo e abile compositore Alearco
Ambrosi, musicista al quale rimasi sempre affezionato, se non altro perché fu
l'unico che mi consentì di studiare il solfeggio sulla partitura di Sacre du
Printemps... Egli la guardò, la esaminò, la riguardò compiaciuto, la rigirò, ne
rimase incuriosito e profondamente colpito. Ad un certo punto, dopo averla
richiusa col garbo riservato ad un antico manoscritto, disse: "Ma questa è
una partitura da concorso!". Io tornai a casa molto soddisfatto, pensando
che forse la mia strada sarebbe stata prima o poi quella del compositore. Per
inciso, anche il mio maestro di composizione Bruno Bettinelli, durante tutto il
percorso di studi, aveva insistito affinché io intraprendessi quella
strada. Secondo voi, dopo quell'incontro così entusiasmante per le mie
speranze future, cosa sarebbe potuto accadere? Ecco cosa accadde qualche tempo
dopo.
Consapevole delle difficoltà che comportava il comporre, sia dal punto di vista
sintattico che da quello strettamente d'ispirazione, man mano iniziai ad
allontanarmi da quel mondo che per alcuni anni della mia gioventù mi aveva
sinceramente affascinato. Forse, raggiunsi prestissimo la consapevolezza delle
difficoltà oggettive, ma anche morali e etiche, che la composizione comportava.
Possibile che fosse così facile riempire di segni casuali la carta e ottenere
un precoce riconoscimento? Fatto fu, che trascorso poco tempo, distrussi tutti i miei manoscritti. Conservo soltanto quello del mio primo ineseguibile quartetto...
In quegli anni, tutti lo sappiamo, era così. Non dico altro, perché chi mi legge conosce già tutto, ma tengo a sottolineare che a un certo punto iniziai a sentire "odore di truffa" dappertutto. Soprattutto, nonostante avessi conosciuto musicisti straordinari come ad esempio Bruno Maderna, non riuscivo a digerire il fatto che dietro la loro opera ci fosse prima, comunque e sempre un fattore ideologico anziché musicale. Per anni, i diplomi di composizione (rigorosamente filtrati ideologicamente con avversione per la tonalità) furono elargiti come i rinnovi delle patenti di guida e il risultato odierno è che oggi ne pagano le conseguenze i giovani compositori, grazie ad una pletora di sedicenti musicisti entrati nei ruoli d'insegnamento dei conservatori, provvedendo a perpetrare il disastro iniziato dai loro eccezionali ma cattivi maestri.
In quegli anni, tutti lo sappiamo, era così. Non dico altro, perché chi mi legge conosce già tutto, ma tengo a sottolineare che a un certo punto iniziai a sentire "odore di truffa" dappertutto. Soprattutto, nonostante avessi conosciuto musicisti straordinari come ad esempio Bruno Maderna, non riuscivo a digerire il fatto che dietro la loro opera ci fosse prima, comunque e sempre un fattore ideologico anziché musicale. Per anni, i diplomi di composizione (rigorosamente filtrati ideologicamente con avversione per la tonalità) furono elargiti come i rinnovi delle patenti di guida e il risultato odierno è che oggi ne pagano le conseguenze i giovani compositori, grazie ad una pletora di sedicenti musicisti entrati nei ruoli d'insegnamento dei conservatori, provvedendo a perpetrare il disastro iniziato dai loro eccezionali ma cattivi maestri.
Poiché in
questi giorni, luttuosi per molti e di festa per altri si è letto di tutto, ho
desiderato raccontare la mia esperienza di giovane musicista che già
quarant'anni fa aveva abiurato ad una tacita fede comune, subendo un feroce
ostracismo e dileggio, nonché pagandone le derivate conseguenze
"sociali".
Ai giovani musicisti dico solo questo: siate sempre voi stessi, combattete le falsità palesi e soprattutto i maestri che tendono a obbligarvi verso percorsi a voi estranei per emozionalità e natura. Abbiate carattere, forza d'animo e determinazione. Sappiate che se avete talento e desiderate fortemente emergere per le vostre qualità, seguendo strade scomode ma pulite prima o poi otterrete il riconoscimento che meritate. Seguite soltanto il vostro intuito e la vostra sensibilità.
Ai giovani musicisti dico solo questo: siate sempre voi stessi, combattete le falsità palesi e soprattutto i maestri che tendono a obbligarvi verso percorsi a voi estranei per emozionalità e natura. Abbiate carattere, forza d'animo e determinazione. Sappiate che se avete talento e desiderate fortemente emergere per le vostre qualità, seguendo strade scomode ma pulite prima o poi otterrete il riconoscimento che meritate. Seguite soltanto il vostro intuito e la vostra sensibilità.
Venerdì 8 Gennaio 2016
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