Credo che non esista cosa peggiore del non accettare sé stessi, non individuare il proprio carattere e i veri bisogni, le mutazioni interiori che ci accompagnano sin da quando abbiamo l'età della ragione e che aiutano a comprendere il significato più profondo, lungo il faticoso percorso che attende ognuno di noi.
C'è un momento nella vita del giovane artista adulto, nella quale il legittimo desiderio di affermazione, se non sorretto da un forte e coinvolgente slancio emotivo e generosità verso il mondo esterno, si tramuta in una sorta di avidità accompagnata da un brutto sentimento, quello dell'invidia, che fa apparire tutto deformato e inevitabilmente poi accieca, facendo perdere la percezione di sé e degli altri.
In genere, colpisce quegli individui apparentemente gioviali, simpatici e spesso intelligenti, ma che si dimostrano superficiali pur essendo in possesso di una formazione ben definita, apparentemente solida. Di sovente sono individui privi di empatia, che non avendo saputo accettare la propria natura, assecondarla e svilupparla, rimangono prigionieri di simpatie esterne dalle quali poi dipendono per la realizzazione personale, in quanto bisognosi di un continuo supporto alla propria vitale affermazione. È il momento in cui non si accorgono dell'esistenza contemporanea di tantissime persone che, nelle medesime condizioni e per i medesimi motivi, sono all'inseguimento di modelli poco appropriati, già percorsi e sfruttati in un brevissimo lasso di tempo, quello del web, che tutto consuma e brucia all'istante. Anziché cercare le novità in sé stessi, questi uomini le inseguono altrove, vagando affannosamente in frequentazioni alla moda, cercando supporti economicamente impegnativi difficilmente onorabili, ed essendo alla fine perennemente schiavi e debitori di qualcuno.
Il fraintendimento è alle porte. In un mondo che vive sul click e sul like di pochi secondi, senza inizio e senza fine, senza storia e senza memoria, si pretende di rimanere impressi e scolpiti nel marmo, ma ci si ritrova soltanto effigiati in una scultura di sabbia, presto distrutta dalle onde del mare. Allora è un continuo adeguarsi, un affanno per una spasmodica attività di confezionamento della propria immagine, a somiglianza di gusti già consumati, cliché imposti e di breve durata, senza peso, senza profondità e senz’anima. L’anima, ovvero l’unica identità personale che conta e che ci accompagna dalla nascita alla morte, con tutte le scelte e le azioni da essa dettate.